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la “badiazza” – s. maria della valle

La Chiesa di S. Maria della Valle o della Scala sorge nel letto della fiumara Badiazza, fuori della città di Messina, lungo il percorso di valico dei monti Peloritani; proprio da qui parte il bel percorso pedonale “dei Vespri”, immerso nella vegetazione, che risale le colline fino ad un’area adiacente il quadrivio di Colle San Rizzo. Tutta l’area intorno alla chiesa, inclusa la viabilità lungo il torrente (prima dei lavori bisognava percorrerne per intero il letto), è stata recentemente riqualificata e messa in sicurezza, dopo anni di incuria e abbandono. Entro l’estate 2019 dovrebbero invece riprendere i lavori di restauro dell’edificio.

Le f.onti a nostra disposizione affermano che in epoca normanna vi era stato fondato un monastero con il titolo di S. Maria della Valle. La leggenda della sua intitolazione narra che durante il regno di Federico II attraccò al porto di Messina una nave proveniente dall’Oriente nella quale i marinai avevano nascosto un’icona rubata raffigurante la Vergine affiancata da una scala. Con grande stupore dei marinai e di tutti gli astanti al momento della partenza la nave non riuscì a staccarsi da terra; i marinai rivelarono allora all’arcivescovo l’esistenza della sacra immagine e la riportarono a terra; issata su un carro trainato da buoi lasciati liberi di andare dove avessero voluto, fu da questi condotta fino ai piedi dei Colli S. Rizzo, dove vivevano alcune monache benedettine. Da quel momento il monastero e la sua Chiesa presero il nome di S. Maria della Scala; alla sua icona portata in processione durante la pestilenza del 1347 lo storico messinese Samperi attribuiva numerosi miracoli. 

Diverse sono le ipotesi avanzate sull’epoca di costruzione della Chiesa oggi esistente, anche se quasi concordemente se ne assegna la fondazione ad epoca normanna; alcuni studiosi, tuttavia, pur accettando la fondazione in tale epoca di un edificio originario, oggi non più esistente, ritengono più probabile la sua costruzione nel secolo XIII, con rimaneggiamenti nel successivo. Secondo altri la presenza di caratteri normanni, svevi e aragonesi, e la mescolanza di stili negli elementi decorativi, come i capitelli, testimonierebbe diversi momenti costruttivi. Il primo riferimento cronologico certo è il 1168, quando Guglielmo II dichiarò la Chiesa “cappella reale”, ponendola alle dirette dipendenze del Papa. Il monastero, danneggiato durante la guerra dei Vespri e gli assedi angioini, fu ingrandito da Federico II d’Aragona, che ricostruì anche la Chiesa, nella cui abside fu raffigurato in atto di offrire il modello della fabbrica a S.Pietro. Trasformato il monastero in residenza estiva, una nuova chiesa e un nuovo monastero con lo stesso titolo vennero fondati entro le mura cittadine nella seconda metà del Trecento. La vecchia Chiesa, spogliata degli arredi e in parte crollata, si riempì di detriti durante l’alluvione del 1855; ulteriori gravi danni furono provocati dal sisma del 1908. Il monastero era nel frattempo andato in rovina.
Furono intrapresi interventi di restauro successivamente al sisma, seguiti da altri negli anni ’50 del Novecento.

L’interno si articola in tre navate, unite da un transetto sopraelevato a pianta quadrata, singolare sia per la vastità in rapporto all’edificio, sia per la presenza agli angoli di quattro pseudo-matronei che ospitavano rispettivamente sacerdoti e religiosi, autorità civili e militari, monache, dame e nobildonne. 
Le navate sono coperte a crociera con costolonature bicrome a conci di calcare e lava alternati, e sono divise da pilastri polistili ornati da capitelli in pietra a motivi vegetali. Il transetto è coronato da una cupola sorretta da nicchie angolari che alleggeriscono il carico sugli archi sottostanti. Sul transetto si innestano tre absidi semicircolari, ciascuna delle quali presenta un’edicola per custodire i vasi liturgici. Sul fianco nord si apre una elegante porta ogivale con piastrini ornati da capitelli a motivi vegetali; 

vicino a questa è stata scoperta una porta analoga ad un livello più basso, che potrebbe condurre ad una cripta o ad un passaggio sotterraneo. Sul fianco sud del transetto si apre una porta ogivale di collegamento al monastero, di cui oggi rimangono solo poche tracce. Notevoli le finestre, ripartite su due ordini. L’intero fabbricato è ornato da merli, che conferiscono all’edificio il carattere di una “ecclesia munita”, come per le altre chiese messinesi, quali la Cattedrale e S.Francesco d’Assisi.

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